Babilonia

Yasmina Reza – Adelphi – traduzione Maurizio Balmelli

“Oggi ho sessantadue anni. Non potrei dire che nella vita ho saputo essere felice, in punto di morte non potrei darmi un sette, come quel collega di Pierre che aveva detto, massì, diciamo sette, io direi piuttosto un sei e mezzo, perché meno mi sembrerebbe di essere ingrata o offensiva, direi, barando, sei e mezzo. Quando sarò sottoterra che differenza farà? Che nella vita abbia saputo  meno essere felice non fregherà a nessuno, tantomeno fregherà a me.”

Babilonia potrebbe essere una piece teatrale, sarebbe perfetta: un condominio, un party, bei dialoghi. Qualcosa succederà a breve, lo si intuisce e si capisce anche a chi, forse, ma non si sa cosa. E di certo non sarò io a svelarvelo qui.

C’è un prima e c’è un dopo quella sera, certo, ma in fondo molto avviene a quella festa di primavera, dove l’importante sembrava essere che le sedie siano abbastanza e i bicchieri di vetro non manchino.

C’è una donna che quel party lo ha organizzato, la nostra protagonista, una donna che con noi chiacchiera in prima persona, facendo più di un salto nel passato, raccontandoci ciò che di quel passato ricorda o ha trattenuto, i suoi vecchi amori, la sua giovinezza, il suo essere spensierata anche. Una donna che ci mostra anche delle foto

“Quello che conta quando si guarda una foto è il fotografo che c’è dietro. Non tanto chi ha scattato, quanto chi ha scelto la foto, chi ha detto questa la tengo, la faccio vedere”

Raccontandoci ciò che vuole farci vedere, appunto, come un fotografo che sceglie cosa mostare.

È una donna che vive la noia della vita di coppia, quando i figli se ne sono andati e a rimanere sono le abitudini, la quotidianità. Una donna che dice di essere “l’abete della fiaba di Andersen”, un albero che aspetta sempre la stagione successiva, il momento che verrà.

Una donna che sente (forse con tristezza) di non essere più giovane

“Certi giorni, quando mi sveglio, la mia età mi prende alla gola. La nostra giovinezza è morta. Non saremo mai più giovani.”

Una donna che, forse per questi motivi, quella sera, la sera della festa di primavera, si lascerà trascinare in un qualcosa senza pensare troppo alle conseguenze. E qua mi fermo.

Yasmina Reza è grandiosa: ti fa sorridere parlando di qualcosa di tragico. Scrive in un modo delizioso che pare quasi scivolare sugli eventi (o far scivolare su di te gli eventi). Come ho già detto per altre sue opere, se Woody Allen non si scrivesse da solo le sceneggiature, sceglierebbe Reza per farlo: leggendo Babilonia io vedevo già l’interpretazione di Diane Keaton (magari di un po’ di anni fa, ma forse anche no…), e nel ruolo del vicino di casa, ovviamente, lui, Woody.

Dialoghi perfetti, struttura idem, personaggi così reali da lascarti la sensazione di aver guardato un film, non letto un romanzo. Ma che ve lo dico a fare: leggete Reza!