Assassinio nel vento

John D. MacDonald – Mattioli – traduzione Nicola Manuppelli

“… al momento del telegiornale delle sei, la perturbazione si era già guadagnata il nome di Hilda. Era l’ottava tempesta della stagione.
Ma non era iniziata, come su segnale, con la designazione di un nome. Era iniziata prima, senza un preavviso visibile. Con il mare piatto sotto un sole tropicale. La temperatura dell’acqua era aumentata durante la lunga estate. L’aria immobile, riscaldata dal sole e dal vapore rilasciato dall’acqua del mare, si era diradata creando un’area di bassa pressione destinata a essere riempita da altra aria in arrivo da tutte le parti e pronta a sua volta a diradarsi.
Ma questi fattori da soli non possono creare un huracan. A ciò si devono aggiungere i seicento chilometri orari di rotazione della terra.
[…]
Alle otto di quel lunedì sera la velocità del vento vicino al centro della perturbazione venne misurata a centotrenta chilometri orari. L’uragano aveva iniziato il suo movimento laterale.
[…]
In città si percepiva un’atmosfera di eccitazione, quasi si trattasse di qualcosa di piacevole, dato che l’uomo pareva barattare volentieri quella tensione immediata e facile da individuare in cambio delle faticose pressioni della vita quotidiana.”


Tredici personaggi, sei auto (cinque più un furgone), un tremendo uragano in arrivo: Hilda, il quattordicesimo personaggio di questa storia.
John Macdonald ci porta all’interno di sei situazioni differenti, sei storie, una per ogni macchina: la famiglia che sta traslocando verso il luogo dal quale era arrivata anni prima, una coppia di sposi che a guardarli sembrerebbero improbabili e, forse, lo sono anche, una vedova in viaggio con le ceneri del marito, un agente segreto, una coppia di uomini d’affari, due evasi dal carcere con al seguito una ragazza persa in un mondo tutto suo.
 
Sei racconti di vite che sono a un punto di svolta, tredici vite destinate a convergere tutte, a trovare riparo in una casa abbandonata, mentre l’uragano si sta avvicinando. E quando la situazione arriva al limite, quando la natura diventa sempre più irruenta e pericolosa, qualcosa esploderà anche in quella casa.

 

“C’è qualcosa di impersonale nel treno, nell’autobus e nell’aereo. Compri il biglietto e stai lì, per un po’, in compagnia di sconosciuti. L’unico legame con loro è la destinazione comune, la necessità di essere in un altro luogo in un altro momento. Eppure, osservi gli altri, i volti freddi e riservati, l’uomo con la valigetta, la ragazza claudicante con quel cappello ridicolo, il bambino con la facci sudaticcia, e ti interroghi su di loro, casualmente, senza particolare interesse.
L’autostrada è la cosa più fredda di tutte. Sei solo e tutti gli altri veicoli sono senza cervello, con non abitati.
Eppure, quando c’è una destinazione comune, per quanto non pianificata e imposta possa essere, e i motori dei veicoli si spengono, ti ritrovi con estranei che significano ancora ameno per te dei compagni accidentali del treno, dell’autobus e dell’aereo.”


MacDonald è bravo nel delineare i suoi personaggi, nel costruire i loro dialoghi, nel condurci con loro a quell’appuntamento con il destino, a farci immaginare (o temere) che qualcosa in quella casa debba succedere. Certo il titolo è complice in questo e anche fuorviante, dato che concentra l’attenzione su un assassinio, su un morto che il lettore sa che prima o poi dovrà esserci; ma il punto fondamentale non è questo, perché Assassinio nel vento non è un giallo. Ma del giallo ha la tensione di una narrazione perfetta e visiva, quasi cinematografica. Tanto che il lettore il vento che soffia, l’acqua che sale, il fango e il pericolo lo avverte anche sulla propria pelle.

Un romanzo che condensa la sua tensione nella parte finale, nel ponte che i nostri protagonisti non avrebbero dovuto superare, nella casa da dove i nostri tredici non possono uscire se non a loro rischio e pericolo, nella lotta con gli elementi che, in un modo o nell’altro, mette alla prova tutti.
MacDonald è bravo in questo: nel mostrarci la natura umana, nel farci familiarizzare con quei personaggi che poi decide di lasciare, certo in balia degli elementi, ma sempre guidandoli con mano esperta, facendoli virare verso l’umano o verso l’orrore, e comunque verso quel finale capace anche di regalarci qualcosa d’imprevisto.