Gianmarco Perale – NNeditore
«Gliel’hai detto a tua mamma?»-.
«No».
«Devi farlo».
«Lo so».
«Per davvero».
Ho fatto sì con la testa, fissandogli i piedi.
«Promesso?» ha detto.
«Sì. Ma senza di te. A casa, dopo, finito l’allenamento».
Mi ha guardato le mani, per vedere se incrociavo le dita.
Tom e Poni sono amici da sempre, sono compagni di classe, al pomeriggio si ritrovano a fare i compiti insieme e sono anche nella stessa squadra di calcio. Tom e Poni condividono spazi, tempo e pensieri: i pensieri di due ragazzini di tredici anni. Si vogliono bene, sono quelli che definiremmo “migliori amici” o “amici del cuore” ammesso che si usi ancora questo genere di definizione.
Quella che ci racconta Gianmarco Perale è la storia di un’ossessione forse, di un’amicizia intesa come possesso esclusivo. Un’amicizia idealizzata, perché è questo che fa Tom: vuole Poni tutto per lui, vuole che Poni ci sia sempre nelle sue giornate, nella sua vita
«Hai mai pensato a me e a te da vecchi?».
«In che senso?»
«A quando avremo trent’anni».
«Mmmh. No».
«Io sì».
Ed è un crescendo quello che Perale ci racconta, un crescendo che parte da un pugno che Tom dà a un compagno di classe, per difendere Poni e finisce… No, come finisce non ve lo racconto di certo.
Quello che posso dirvi è che la bravura di Perale sta nel farci vedere e sentire questa ossessione attraverso lo sguardo di Tom, attraverso dettagli che non si perdono mai per strada, e soprattutto attraverso quei dialoghi che sono la parte dominante del romanzo.
«Fra poco è il mio compleanno».
«Lo so» ho detto avvicinandomi. «Fai la festa?»
«Sì. Per la torta di meringhe Mimmo ha comprato le candele. Il pacco è gigante, ne contiene tantissime. A me ne servono tredici».
Non mi aveva ancora invitato.
«È vero» ho detto, è ho aspettato che dicesse qualcos’altro. Non ha detto niente, così ho chiesto: «Chi viene alla festa?»
Mentre mi elencava gli invitati siamo usciti e ho chiuso la porta a chiave.
Dialoghi martellanti, ossessivi, ripetitivi.
Ed è la voce di un tredicenne, che parla con la madre, con il suo migliore amico, un linguaggio semplice ovviamente, una voce che non suona mai fuori tono, forzata, non reale. Tanto che chiudi il romanzo con la sensazione di essere stata in classe con Tom e Poni, di averli ascoltati raccontare, di aver visto Tom in camera sua in attesa che la mamma lo chiamasse per la cena.
Certo gli adulti ci sono in questa storia, ma restano un passo indietro. Del resto è un tredicenne che parla, un tredicenne che non la vuole ascoltare la voce degli adulti: spesso ingiusta, spesso sbagliata.
Amico mio è stato uno dei due suggerimenti di Chiara e Federico di Libreria Periferica e la scelta di Francesca di Elsa Libreria Creativa nella sesta puntata di #edopocosaleggo

