Afferra il coniglio

Lana Bastašić – Nutrimenti – traduzione Elisa Copetti

“Comunque le storie belle non parlano mai di quello che accade. Restano solo immagini, come disegni sul marciapiede, e gli anni scivolano addosso come pioggia. Di noi dovrei forse fare un albo illustrato. Qualcosa che nessuno tranne noi due capirebbe. Anche gli albi devono cominciare in qualche modo. Ma il nostro principio non sarà semplice servo della cronologia. Il nostro principio è stato ripassato più volte, mi ha tirato per la manica come un cucciolo affamato. Forza. Forza, ricominciamo di nuovo. Noi siamo ricominciate e finite continuamente, tu ti sei infilata nella membrana della mia quotidianità come un virus.”

Sara e Lejla sono amiche.

Rifaccio: Sara e Lejla erano amiche, lo sono state da bambine, probabilmente dal primo momento che si sono incontrate tra i banchi delle elementari, con in mano una rappresentazione di se stesse ritagliata sulla carta. Una piccola Sara con una gonna scampanata, una piccola Lejla nuda e senza occhi, né labbra. Lo sono state da adolescenti e da ragazze, hanno condiviso esperienze e qualche segreto e, probabilmente, anche l’amore per quel fratello di Lejla che a un tratto è scomparso

“Non esisteva nessun prima di quella notizia. Armin scomparve dopo la morte di tutti i cani. Dopo che mi aveva sciolto i capelli. Dopo le tue mestruazioni. Si trasformò da uomo vivo in un’ultima fotografia. Lui, tu e io nel vostro giardino, accanto al ciliegio, il tuo orecchino nella mia tasca. Non sapevo di trovarmi, circondata dall’erba, dal fumo e dai miei capelli spettinati, già in un ricordo futuro. Non ricordo più com’ero vestita, di cosa parlammo poi, se vi salutai prima di ritornare a casa. Non ricordo perché nessuno mi disse di mandare a memoria tutto questo. Ogni volta perdo una piccola parte dell’immagine.”

Rifaccio ancora una volta: Sara e Lejla sono amiche, perché nel momento in cui Lejla dalla lontana Bosnia e dopo dodici anni di silenzio, chiama Sara, ormai trasferita da anni a Dublino, dicendole di accompagnarla a Vienna perché Armin si trova là, Sara molla tutto e torna in quella Bosnia che credeva di essersi lasciata alle spalle.

 

“…sebbene io abbia lasciato ogni sentimentalismo alle mie spalle, in un tempo lontano, a casa di mia madre. I colori non sbiadiscono con i chilometri percorsi. Una sfumatura pesante di verde, come peperoni dimenticati, secchi e rugosi, che non possono nutrire più nessuno. Un marrone triste che continua a serpeggiare come un fiume morto dopo l’apocalisse. Il colori di una mummia che i vermi hanno mangiato dall’interno.”


Afferra il coniglio è la storia di un’amicizia certo, una storia che a un certo punto incontra la guerra e poi la pace; una storia che incontra un punto di rottura o forse solo il segno del tempo che passa e, a volte, allontana, anche se quando i sentimenti sono forti non allontana mai del tutto


“Tutti quei resti di te, deformati dal tempo e dalla memoria pigra, ritornavano arzilli nella mia quotidianità lontana quando meno me lo aspettavo. A volte aprivo la porta e li lasciavo entrare. A volte mi convincevo che non ricordavo bene, non era così e in quella maniera screditavo tutto quel che eri stata per me. volevo ritrovare ciò che era originariamente mio, ciò che era nato e cresciuto fuori dal tuo influsso, e volevo ripulirlo da te, lavarlo come il nocciolo dai pezzettini di avocado.”


È la storia di un viaggio, un “on the road” direbbe qualcuno, che diventa pretesto per ritrovare pezzetti che si sono persi nel passato. Per ricordare nel modo in cui fanno i ricordi, omettendo, ingrandendo, falsando le cose, ritrovando quei frammenti mancanti (o non capiti) nel racconto dell’altra.


“Non ricordo neppure quando mi hai detto per la prima volta il tuo nome. A volte mi pare che sia esistito da sempre, che lo sapessi dal primo attimo, sebbene mi sia chiaro che sarebbe impossibile.”


E Lana Bastašić (ma anche la traduzione di Elisa Copetti) ci regala una scrittura dal tocco unico e poetico, originale nel suo modo di soffermarsi su dettagli e metafore; nel suo farci capire la profondità di un legame a tratti simbiotico, anche se fatto di profonde differenze. Un affetto che nessuna distanza potrà mai assottigliare.