A quarant’anni

Nahid Tabatabai – Ponte 33 – traduzione C.Z. Rafatnejad

“Quando uno è giovane, pensa alla vecchiaia in modo diverso. Pensa che la vecchiaia sia qualcosa di strano, lontana centinaia di chilometri, centinaia d’anni. Quando poi ci arrivi, ti accorgi che sei sempre quella ragazzina di quindici anni, ma con i capelli bianchi, le rughe intorno agli occhi e le gambe tremanti, che non ce la fa a salire più di tre scalini alla volta. E la cosa più brutta è il peso dei ricordi che ti trascini addosso…”


Una donna, Alaleh, sente l’avvicinarsi dei quarant’anni, si guarda allo specchio e non si ritrova più. O, meglio, non ritrova più la donna che è stata: giovane, innamorata, piena di passione e con il desiderio di diventare una musicista.

Ora ha la sua famiglia: un marito tenero e affettuoso, una figlia che le è amica, un lavoro come organizzatrice culturale. Una vita che, in fondo, le piace, ma una vita che sente marcata dal rimpianto di aver abbandonato un sogno perché quella stessa vita, la situazione politica, la guerra (siamo a Teheran) o, forse, solo la convinzione di non potercela fare, l’hanno portata altrove


-Io non sarei mai diventata qualcuno.
-Tu tendi sempre alla perfezione assoluta. […]
-Lo sai che io voglio o tutto o nulla.
-Alaleh, tu ti sbagli, niente è assoluto. Ci si può avvicinare ogni volta un po’, ma non si arriva mai a quello che si vuole


Rimpianto che viene alimentato, scatenato forse, il giorno che si ritrova a dover organizzare il concerto di un suo vecchio fidanzato. Lui sì che ha seguito la sua passione: è diventato un famoso direttore d’orchestra, mentre Alaleh ha rinchiuso il suo violoncello in uno sgabuzzino.

Nahid Tabatabai ci racconta in poche pagine (A quarant’anni è quello che chiameremmo romanzo breve o racconto lungo) la vita di una donna contemporanea, in Iran. Una donna comune, una storia comune, senza grossi colpi di scena, ma con un fatto scatenante, quel rientro in patria di un uomo un tempo amato, e i mille dubbi che quel rientro portano a galla.

Ma Nahid Tabatabai ci racconta anche la storia di una famiglia serena, dove ogni componente supporta e si fida dell’altro, dove i segreti è meglio non tenerseli dentro, perché parlare fa bene, libera, rende tutto più leggero.

Una famiglia che ride e si prende in giro. Alaleh si confida con il marito, parla con complicità con la figlia 


-Vedi quelle stelle?
Shaghaiegh rispose perplessa:
-Sì, e allora?
-Secondo te che cosa fanno, quando le fissiamo?
– Luccicano
– No, non luccicano sorridono.
Shanghaiegh fece una faccia stupita.
-Sorridono?
-Sì, queste stelle sorridono a tutti gli uomini e le donne che un tempo sono stati innamorati e tutti, uomini e donne, ogni sera guardano il cielo, trovano la loro stella e le sorridono di nascosto


È una donna emancipata che fa un lavoro interessante e che coltiva un sogno, anche se finge di non farlo. Capace di piangere ascoltando musica e di arrabbiarsi nel sentire una nota stonata. Una donna che, forse, ha solo bisogno di una piccola spinta e di credere di più in se stessa. Una donna che, un po’ come tutti, ha paura di invecchiare, magari anche solo perché ha paura di non essere riuscita a fare tutto ciò che aveva sognato di fare


“Ma dai, non ti preoccupare, le donne a quarant’anni prima o poi si mettono a fare qualcosa di strano, per convincersi che non sono ancora vecchie: si fidanzano con uno più giovane, si mettono vestiti stravaganti, si tingono i capelli di viola, fanno una dieta, o un nuovo figlio. A volte si iscrivono a un corso di lingua… oppure altro, non so, ma stai sicuro che tutto questo dura poco. Poi, come dire, si abituano alla vecchiaia”


ma, poi, chi lo dice che sia troppo tardi?