Susan-Lori Parks – Sur – traduzione Andreina Lombardi Bom
“Siamo diretti a ovest. Tra poco il sole si alzerà proprio dietro di noi. Sorgerà da quella parte finché non saremo arrivati dove siamo diretti, poi si alzerà in faccia a noi per tutta la strada del ritorno.
Zia June sta seduta in mezzo e zio Teddy accanto alla portiera. Si sono portati tutt’e due le loro vanghe. Quella di zio Teddy col manico lungo, buttata sul cassone con la loro valigia e le mie cose. Zia June ha la sua paletta da giardinaggio, quella che usa per lavorare intorno al rosaio, e la tiene in grembo.”
Billy ha sedici anni, è incinta e non ha un marito, vive in Texas con lo zio Teddy (un predicatore che ha perso la sua chiesa) e zia June (una donna che ha perso una gamba), dietro a un distributore di benzina, in un paese dove tutti si conoscono e dove, spesso, la gente sparla.
La madre di Billy, Willa Mae, è morta anni fa, lasciandosi alle spalle una reputazione discutibile, un’amante che alleva maiali, una figlia, appunto; e portando con sé, nella bara, un tesoro composto da una collana di perle e un anello di diamanti.
Sarà il bisogno di denaro e il fatto che il luogo dove è sepolta Willa Mae a breve dovrà essere cementato per la costruzione di un centro commerciale a spingere Billy verso la decisione di andare a dissotterrare sua madre per cercare quel tesoro
“Dev’essere questo che intendeva mia madre per «Beedeismo». Gioielli sepolti sottoterra. Ragazze che hanno bisogno di un marito. Mascolone armate di pistola. Me ne tornerei a casa in questo preciso momento lavandomi le mani di tutta questa storia se non fosse per il mio cinque per cento.”
Tesoro che, ovviamente, non fa gola solo a lei e così in diversi avranno un motivo per seguirla o accompagnarla in questo viaggio.
«Che hai sotto al braccio?»
«Soltanto la mia gruccia».
«Pare un libro», dico io.
«Non è niente», dice June.
«Pare il tuo atlante», dico io.
«Non si sa mai», dice lei.
«Andiamo solo fino a Lajunta», dico io.
«Non si sa mai», dice lei.
[…]
Mia moglie s’è portata dietro la cosa a cui è più affezionata e si vergogna di essersela portata. Perché non l’ha portata credendo che gireremo il mondo, l’ha portata pensando che potremmo non tornare più.
La fortuna dei Beede è un romanzo corale, dove a portarci avanti nella storia e nel viaggio, è un insieme di personaggi dalle caratteristiche più diverse e strampalate, ognuno dei quali (che siano principali, secondari o mere comparse) trova il modo di raccontarci ciò che vede e ciò che sente e di aggiungere un pezzetto alla storia. Così, capitolo dopo capitolo, i narratori si passano il testimone, regalandoci un’inquadratura a tutto tondo, anticipandoci ciò che gli altri personaggi ancora non sanno.
In alcuni capitoli a parlare (anzi a cantare) è addirittura Willa Mae, la morta.
Suzan_Lori Parks ci regala anche uno spaccato dell’America degli anni Sessanta, di una parte di quell’America. Un’America dove il colore della pelle poteva impedirti di entrare in un locale o in un bagno pubblico
“Perlomeno Billy non viaggerà da sola. Là fuori non è sicuro per una ragazza nera. È il 1963 e la vita di un nero vale poco. La vita di un nero maschio vale poco. La vita di una donna nera vale ancora meno. Però i prezzi di tutto salgono in continuazione, sicché può darci che prima o poi salirà anche il prezzo di una vita nera.
[…]
La vita di una ragazza nera vale poco. La vita di una ragazza nera con un bambino in pancia e senza anello al dito vale ancora meno.”
Un romanzo travolgente, di quei romanzi che riescono a farti compagnia, a farti sorridere, ma anche pensare e, assolutamente, affezionare a ognuno (o quasi) dei protagonisti della storia raccontata. Un romanzo, che come è indicato nella seconda di copertina ha “la malinconica ferocia del blues” (definizione davvero azzeccata!).
“Ci sono un sacco di famiglie in cui potevo nascere, famiglie più fortunate, o più ricche, ma essere un Beede vuol dire essere capace di sopportare l’insopportabile, perciò mi sa che preferisco essere un Beede piuttosto che chiunque altro al mondo.”

